Page 10 - MARCELLO FANTONI
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non poco il suo interlocutore. Gli disse infatti che la dislocate fra Sesto Fiorentino e Firenze, alcune delle
retribuzione non era per lui che una questione quali ancora impegnate nella produzione di “copie” di
secondaria, mentre l’unica condizione che lo avrebbe modelli robbiani e rinascimentali, o ispano-moreschi.
portato ad accettare quell’ impiego era il suo nome: la Una Firenze recalcitrante all’azzardo della
dicitura “Fantoni” doveva comparire, anche a piccoli sperimentazione, guidata da uomini strutturalmente
caratteri, sui prodotti, accanto a quella del celebre diffidenti nei confronti della modernità che animava, al
marchio fiorentino. Strana proposta da parte di un contrario, città come Milano,Torino, Roma.
ventenne, appena diplomato, al quale era stata data una Il recupero nostalgico delle glorie del passato,
possibilità che molti altri artisti avrebbero accettato ad unito ad una prepotente esterofobia, era per di più
occhi chiusi. Bompani disse a Fantoni di capire le alimentata dall’oramai imperante regime fascista: e solo
motivazioni che lo spingevano ad imporre una tale in occasione delle Biennali e le Triennali (alle quali
clausola, ma lo avvertì al contempo che la direzione Fantoni ha peraltro spesso partecipato fin dagli anni
della Cantagalli non l’avrebbe mai accettata. E così fu: immediatamente successivi a Porta Romana),
posto di fronte ad un netto rifiuto, Fantoni non tornò provvidenziale veicolo di affrancamento da questa sorta
però sui suoi passi, rinunciando di fatto ad di dictat stilistico, vi fu modo per gli artisti ed i
un’opportunità che in quel momento, e nella sua collezionisti di potersi aprire ad uno scambio di
condizione, nessuno avrebbe rifiutato. Questo gli costò influenze con le nazioni straniere, Francia ed Austria in
non pochi problemi, soprattutto in seno alla famiglia: il primis, con la conseguente rilettura in chiave attuale di
padre se ne fece un grosso cruccio, che venne soluzioni formali e cromatiche da adottare anche per
stemperato solo qualche anno dopo, quando i primi, l’arte della ceramica.
importanti successi, dettero ragione a quel giovane L’idea di dar vita a tutti i costi ad una propria
forse un po’ sfrontato, ma con in mente l’idea precisa di produzione rispondeva dunque in Fantoni all’esigenza
arrivare a creare un proprio marchio. di non assoggettare la propria creatività ai canoni
In quest’ottica, quando era ancora studente a Porta stilistici e compositivi retrò, che avrebbe dovuto in
Romana, Fantoni aveva allestito, nella cantina del suo parte rispettare se avesse accettato il lavoro alla
villino di Via Puccinotti – dove si era nel frattempo Cantagalli (che peraltro, anche per questa chiusura alla
trasferito con la famiglia da Via Palazzuolo – un modernità, stava avviandosi verso un lento ma
modesto laboratorio, dove modellava piccole sculture e inevitabile declino). Erano gli anni ’30: gli anni in cui
vasetti in ceramica. Non essendo però in possesso di un Giò Ponti incitava gli artisti e le manifatture, dalle
forno, portava le sue opere a cuocere in Piazza Pier pagine di Domus, all’innovazione in chiave
Vettori, alla Fabbrica Zaccagnini. Era dunque una contemporanea della ceramica artistica, a rifuggire la
produzione limitata, fatta di oggetti di piccole ormai stanca e stucchevole riproduzione di formule e
dimensioni, perché poteva trasportarli dal laboratorio declinazioni di stampo tardo-ottocentesco che
alla fabbrica solamente con la bicicletta, rischiando di continuavano, è vero, a riscuotere un certo successo sul
romperli o scrostarli. Una volta finiti, Fantoni ne mercato, ma impedivano di fatto la realizzazione di
proponeva l’acquisto ad amici e conoscenti, o andava inedite e più ardite forme di bellezza, il più possibile in
addirittura casa per casa per cercare di venderli. In una armonia con il sentimento estetico che si andava
sì precaria situazione, ben possiamo comprendere come imponendo per le arti “maggiori”. In effetti il concetto
il padre di Fantoni non assecondasse la scelta di rifiutare di modernità, la “modernolatria”, per dirla col
l’offerta della Cantagalli. Ma ciò che era impensabile neologismo boccioniano, è ormai prevalente negli
per la famiglia, era chiaro nelle intenzioni di Marcello. ambienti artistici d’avanguardia, e determinò fin dalle
Ancora oggi dice di non saper descrivere esattamente prime opere, le scelte stilistiche di Marcello Fantoni.
quel periodo della sua vita: riconosce che la sua mente L’esigenza dunque di modernità, con la
era ancora in evoluzione, e che le sue scelte le prendeva conseguente necessità di inserire giovani designers a
per lo più per istinto. Ma ricorda perfettamente che capo della produzione, fu sentita dal proprietario di una
qualcosa lo spingeva ad andare avanti per quella strada fabbrica perugina, l’Avvocato Baduel, che chiamò
solitaria, ed una volontà ferrea lo ha sostenuto anche Fantoni a far parte della propria azienda, nel 1935. Fu
quando gli eventi sembravano dargli torto. per Fantoni esperienza estremamente positiva e qui
Tutto ciò traeva in realtà origine dalla volontà, testò per la prima volta, peraltro, la sua capacità di
presente in Fantoni fin dagli esordi della sua esperienza rapportarsi con gli operai che dovevano eseguire le sue
artistica, di creare una tipologia di ceramica che non direttive: prova oltremodo fruttuosa, che rievocherà
rispondesse a criteri in contrasto con la modernità ma negli anni successivi, nel momento in cui divenne
capace, al contrario, di aprire un varco nel muro del titolare di una fabbrica con più di cinquanta
linguaggio stagnante al quale rimaneva ostinatamente dipendenti. L’esperienza perugina non durò comunque
ancorata tanta parte delle industrie della ceramica, che per pochi mesi, poiché la fabbrica fu costretta a
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