Page 22 - GIAMPAOLO TALANI
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Quando il tema di Finisterre compare nella pittura di Giampaolo Talani, diviene manifesta
una significativa evoluzione nel processo creativo dell’artista: un motivo enigmatico e
seducente annuncia gli esiti di una nuova ricerca, facendo la sua comparsa per nutrire
l’iconografia di una inedita serie di dipinti, incentrati sul tema della “Partenza”, e
presentati al pubblico in una esposizione personale tenutasi alla Galleria d’Arte Moderna
di Arezzo, nell’agosto del 2001.
Un orizzonte lontano, indistinto (cat.), lascia intravedere sulla sommità di un’altura
formata da dune rosse una bandiera, issata sulla torre di un castello, marcante il confine fra
il mondo conosciuto e Finisterre (dall’espressione latina Finis Terrae, “Fine della Terra”)
che il pittore, nei suoi scritti, indica come il mitico punto di arrivo di ogni viaggio. Di
fonte a Finisterre il viaggiatore si può fermare, oppure tornare indietro. Ma può anche,
con coraggio, provare ad oltrepassare quella frontiera e “la vera storia”, è sempre Talani a
parlare, “forse, comincia da lì”.
Il castello di Finisterre è, nella resa pittorica, l’amplificazione di piccoli castelli di sabbia che
appaiono sulla battigia nelle composizioni di questi anni; costruzioni effimere, destinate
a scomparire con il rifrangersi delle onde sulla riva – facendo rimanere solamente la
traccia dell’asta della bandiera, cat. – e ad essere poi ricostruite, in un moto incessante di
distruzione e riparazione (simbolicamente, la successione ciclica degli eventi nella vita
dell’uomo).
Ai piedi del chimerico castello è l’uomo, il viaggiatore, la nuova icona alla quale
Talani affida la chiave interpretativa dei nuovi dipinti: officiante del viaggio, o meglio
della partenza, il protagonista non la vive come un evento concreto, non è inserito in
contesti evocanti saluti di commiato o manifestazioni di dispiacere legati ad un addio.
È piuttosto l’incarnazione dell’uomo che si trova di fronte ad una scelta, alla possibilità
del cambiamento, e il suo animo è preda di sentimenti contrastanti; in bilico fra la
paura e la determinazione, il partente rimane bloccato di fronte al suo traguardo – sia
questo Finisterre che una meta ideale non dichiarata sulla tela – con la valigia rossa
in mano, senza che nessuna azione venga a turbare un’atmosfera di irreale, incantata
sospensione. Lo si vede in Partenze (2001, cat.), dove due figure maschili emergenti da
un fondale astratto di intenso carminio (l’affocato rosso delle dune dalle quali emerge,
chiuso nell’abbreviazione sintetica del profilo, il castello di Finisterre), si rivolgono allo
spettatore esibendo le valigie in primo piano; il vento che scuote le loro cravatte e i capelli
pare non turbarli, né indurli all’azione (“stanno lì sul rosso”, scrive Talani, “ad aspettare
qualcosa, gli uomini con la valigia. Il vento gli sbandiera le cravatte e gli violenta il viso
e loro… hanno la valigia delle partenze, ma non partono ancora”).
L’individuazione psicologica dei personaggi assume dunque un carattere di trattenuta
emozionalità; il sentimento di smarrimento provocato in questi dall’imminente,
immaginario distacco, la loro esitazione, ma anche il loro isolamento – Talani torna ad
intensificare quel senso di intima solitudine dell’uomo, anche laddove appare ritratto
insieme a qualcuno – è il perno intorno al quale ruota tutta la narrazione, l’intima trama
entro cui distinguere, gradualmente, la logica di un racconto.
Orizzontandosi sempre all’interno di un suo genere ormai consacrato, sul quale prosegue
a verificare continue ed assillanti variabili, Talani trasferisce il partente sulla battigia
(cat.), lo include nelle orchestre, lo staglia contro i fondali evocanti atmosfere marine. Lo
ritrae con rose rosse in bocca, oppure sottobraccio, a bramare fuggevoli incontri amorosi,
altresì dichiarati dalla rappresentazione stereotipata della donna sul fronte della valigia o
alle sue spalle, sul muro del fondo.
Così il tema di Partenze va ad intrecciarsi con quello di Animali di battigia, un nuovo
ciclo di lavori esposti, nel dicembre del 2003, in una mostra personale al Castel dell’Ovo
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