Page 16 - GIAMPAOLO TALANI
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o del muro, espediente pittorico usato fin dalla metà del Quattrocento per asserire con
                                   maggior forza la presenza dei personaggi nel primo piano, nello spazio più vicino allo
                                   spettatore.
                                   Lo si vede in Marinaio (cat.), del 1992, dove il protagonista è seduto su un parapetto, le
                                   grandi gambe incrociate in primo piano, fissato nel gesto di esibire allo spettatore una
                                   barchetta, simbolo che lo identifica quale uomo di mare: il suo corpo è proiettato con
                                   forza verso il riguardante, al quale il marinaio si rivolge anche con lo sguardo; ogni moto,
                                   ogni azione è assente dal dipinto: tutto pare riportare all’atemporalità frontale e ieratica
                                   di antica intonazione.
                                   La luce radente, proveniente da destra, che proietta sul muro l’ombra del protagonista
                                   non è naturale, così come il fondale, simulante l’incontro fra mare e cielo, trattato come
                                   un insieme di segni grafici che si intrecciano in tratteggi graffianti e vorticosi, prolungati
                                   sino al punto di fuga; una griglia dalla quale emerge una serie di graffiti condotti, si
                                   direbbe, con calligrafia infantile, a condurre lo spettatore su una china contaminata da
                                   emozioni e ricordi affioranti dal mondo recondito della fanciullezza.
                                   Ne risulta un campo percettivo aggregato di elementi distinti, rispondente ognuno alla
                                   propria prospettiva, ripetuti dal pittore in molteplici e insistite varianti. Vengono lasciati
                                   esposti  sul  parapetto  elementi  abbandonati  dal  mare,  come  conchiglie,  stelle  marine,
                                   pesci, oggetti che vivono di vita propria e si completano con l’ambiente creato nel secondo
                                   piano, offrendone e ricevendone significato; vengono ancora esposte storie di marinai
                                   muti, proiettati contro fondali artificiali raffiguranti la battigia in una notte stellata, come
                                   in Notte del Marinaio (cat.), del 1996, o in compagnia della propria donna, come in Storia
                                   del Marinaio (cat.), del 1994, dove Talani pone alle due estremità del dipinto le due figure,
                                   la cui storia comune è narrata per nessi interni, lentamente avvertibili. È nuovamente il
                                   muro del fondo a creare la misura dell’ambientazione: le figure, serrate nei contorni, in
                                   una solidità quasi scultorea, vi proiettano contro la loro ombra; ancora Talani si serve di
                                   questo espediente per far loro assumere un’assolutezza da icona,  in un atteggiamento che
                                   li riscatta dal tempo presente, ma che li costringe, contemporaneamente, in uno stato di
                                   fatale, elegiaca solitudine.
                                   È lo stesso senso di malinconica incomunicabilità che serpeggia nei dipinti dedicati ai
                                   Musicisti,  grandi  composizioni  raffiguranti  intere  orchestre,  oppure  suonatori  solitari
                                   fissati, come già i marinai, contro gli usati fondali, in un’atmosfera di intimo, incantato
                                   silenzio (cat.). I richiami ai protagonisti delle Storie del Marinaio, sia fisionomici che
                                   compositivi, sono manifestamente ribaditi. I musicisti di Talani, anche quando ritratti in
                                   un’intera orchestra, paiono chiusi in un isolamento contemplativo, in una preclusione
                                   dal mondo esterno, quasi come per ritrovare intatto, nel proprio intimo, il tema profondo
                                   e misterioso della musica. Raramente i personaggi sono ritratti mentre suonano, tutti
                                   sono fermi di fronte allo spettatore e non si coglie, in apparenza, alcun suono, tanto sono
                                   assorti, immoti nelle loro espressioni, nei loro gesti. Ma ciò non significa una traduzione in
                                   maschere incolori ed annebbiate, tutt’altro: Talani continua il lavoro di scavo fisiognomico
                                   già portato avanti nelle Storie del Marinaio, e ci consegna volti indagati uno per uno,
                                   risolti con tratti incisivi e sintetici, dalla caricata espressione simbolica.
                                   Musicisti nello studio del pittore (1994, cat.) è un eloquente campione di questa serie di
                                   dipinti: per quanto fitta e verticale, la composizione è armonica e spaziata; il primo piano
                                   interamente dedicato all’immota orchestra di violinisti – se si eccettua l’interferenza di
                                   un giovane marinaretto – lo studio del pittore si guadagna invece il limite superiore del
                                   quadro, in profondità, laddove ha origine l’unico punto di luce. Talani ci svela così il suo
                                   amore per la musica, il profondo senso di appartenenza a quel mondo di orchestre estive













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