Page 13 - GIAMPAOLO TALANI
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ROSA DEI VENTI
               UN PERCORSO NELL’OPERA DI GIAMPAOLO TALANI

               di Elisa Gradi










               La storia di Giampaolo Talani è pressoché nota al pubblico, tanto è stato incalzante il ritmo
               delle mostre personali e collettive che lo hanno visto protagonista della scena artistica
               negli ultimi anni, fino ad arrivare alla messa in opera del suo lavoro più importante, nel
               settembre 2006: l’affresco che si impone nel Salone Viaggiatori della stazione fiorentina
               di Santa Maria Novella. Ma in questa mostra antologica, che prende l’avvio da alcune
               opere datate ai primi anni Novanta, Talani sembra voler comunicare ciò che per oltre
               vent’anni ha sorretto la sua fatica di pittore, incalzandoci a cogliere quei passaggi che
               lo hanno portato agli esiti ben noti dei giorni nostri, ed aprendoci finalmente un varco
               alla comprensione di quel tessuto stratificato di commozioni, istinti e passioni che hanno
               animato la sua storia.
               Talani si racconta oggi attraverso un simbolo, la Rosa dei Venti. Non la rappresentazione
               cartografica ad otto punte che indica i quattro punti cardinali con le direzioni dei venti;
               ma un fiore: una rosa che si spoglia di otto petali, e li lascia andare al vento. Simbolo che
               ritorna invero costantemente nelle opere degli ultimi anni – tanto da poterla annoverare
               fra  le  piacevolezze  illustrative  distintive  del  linguaggio  di  Talani  –  assume  oggi  un
               significato alternativo di guida, o meglio di  banditrice del ritmo febbrile con il quale si
               avvicendano, in questo racconto, i momenti salienti dell’arte e della vita di Giampaolo
               Talani.
               Otto momenti tematici che riportano a differenti idee pittorico-mentali, otto passaggi
               temporali (che sono poi quelli pubblici delle esposizioni) nei quali variazioni linguistiche
               e tematiche si intrecciano in una miscellanea solvibile in un filo di continuità: la ciclica
               riproposizione di un paesaggio, e dei suggestivi e mutevoli personaggi che lo animano.
               Un paesaggio la cui intera gamma di mutamenti e  metamorfosi è nota, tanto Talani lo ha
               religiosamente scrutato e riportato nei suoi dipinti, nel corso delle stagioni.
               È il paesaggio dell’anima, che il pittore ricostruisce ogni volta, più o meno esplicitamente,
               nel fondale dei suoi dipinti: la battigia marina, sonora e stridula nella stagione estiva e
               malinconicamente silente nei pomeriggi invernali con l’odore acre e stantio di salmastro;
               l’incrocio delle linee del mare e del cielo, che Talani immagina attraversato da inverosimili
               imbarcazioni. E quel senso di inarrestabile mutevolezza, di fatale esposizione al turbine
               del  vento  marino  che  solleva  in  aria  qualcosa  o  qualcuno,  inaspettatamente,  senza
               preavviso.
               Cenni biografici e frequentazioni quotidiane, riscontri sul vivo così come ambientazioni
               frutto  della  complicanza  del  fantastico  si  riversano  in  una  cascata  di  note  umorali;  e
               quanto di bizzarro ed inquietante la natura semini dentro l’individuo, diviene il centro
               focale delle sue creazioni, la materializzazione visibile di questa inesauribile gamma di
               percezioni e sentimenti.
               Questo dunque il paesaggio che si rincorre, con i suoi simboli, nelle stanze della memoria
               di Giampaolo Talani. Questo lo scenario che si apre su una realtà effimera ma seducente,
               filtrata dall’occhio di un essere passionale nutrito di poesia, preda di contrasti e sogni,











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