Page 9 - PAOLO STACCIOLI
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per tutte le fasi obbligate che la tradizione predispone: hanno preceduto hanno tratto il proprio sostentamento:
l’apprendistato, per raggiungere la padronanza del affondandovi nuovamente le mani, Staccioli può
mestiere, e soprattutto l’esercizio, costante, quotidiano, riappropriarsi di quelle presenze che il tempo ha
grazie al quale l’occhio e la mano si addestrano alla disperso, può recuperare la vita che silenziosamente si
percezione di un mondo sconfinato di forme e colori. è insinuata in quelle cavità apparentemente inanimate.
Sono sufficienti pochi mesi di frequentazione della Al di là di retorici teoremi culturali, che mai come in
bottega faentina perché Staccioli, dopo aver rapidamente questo caso sarebbero fuorvianti per l’analisi di una
consumato le basilari desunzioni della smaltatura e della personalità, Staccioli ritrova dunque nella cultura
cottura, possa mettere a punto i suoi primi vasi, dove della terra il legame con il suo ascendente biografico;
risulta evidente un orientamento decorativo ispirato e un’orgogliosa riconquista del rapporto con l’elemento
ad una rilettura dei temi che già aveva sviluppato in primario ne orienta, da questi anni, la vocazione,
pittura. divenendo la sostanza che dà concretezza alla ricerca
La campitura adesso è la superficie del vaso, che viene pura, alla fluttuazione inventiva.
invasa dagli usati racconti pittorici: le parate di destrieri Siamo nei primi anni Novanta, e già inizia a delinearsi
dalle forme geometrizzanti, i cavallini con le ruote, ed quella direzione di ricerca destinata ad approdare, senza
ancora le figurine leggiadre dei putti alati, i pulcinella e più interruzioni, alle invenzioni ed agli esiti della sua
le bambole, costituiscono adesso la base di una miriade più alta stagione creativa, a tutt’oggi in pieno fermento.
di decori, sempre garbati, lievi, giocosi. Sono disegni che Allestito un piccolo laboratorio accanto alla sua
si ripetono in numerose varianti, adattati da Staccioli a abitazione, Staccioli inizia autonomamente a
vasi di diverse forme, distribuiti su un fondale che ancora sperimentare ciò che può liberarsi dalla dialettica
richiama la raffinatezza tonale degli impianti pittorici, generativa di terra e fuoco: il suo impegno è volto
alla cui costruzione sintetica tenta di rimanere fedele; innanzitutto a mettere a punto la tecnica della
sono arabeschi luminosi che si rincorrono sulle delicate decorazione a lustro, memore dei rudimenti appresi
epidermidi come le note di una partitura musicale, a Faenza. Grazie ad uno studio costante – da questi
affollando e gremendo ogni vuoto. anni, si può dire, da autodidatta – trova gradualmente
Questa prima produzione fittile, realizzata per lo più con la formula che gli consente di conseguire risultati di
l’uso della tecnica della ceramica invetriata (il processo energica iridescenza, per mezzo dell’uso dosato degli
di acquisizione della tecnica della cottura a “riduzione” ossidi di rame.
è ancora ad una fase aurorale), ha visto la luce ancora a Iniziano a vedere la luce, nella sua fucina, vasi e piccole
Faenza, nella bottega di Santandrea, e ci parla di un artista
che affascina per vivacità e immediatezza dell’inventiva
(e per la vastità delle potenzialità espressive), ma ancora
in cerca di una autonomia progettuale e realizzativa.
Eppure, ben s’intende la crucialità di questo momento:
gli anni faentini sono necessari a Staccioli per
comprendere come l’immediatezza e la varietà degli
esiti formali che comporta l’universo espressivo della
ceramica, si sposi con la sua indole; ed inizia a pensare
a questa tecnica antichissima come luogo pulsante,
come campo immaginativo che gli concede di portare
finalmente a compimento il suo sogno formale. Grazie
alla manipolazione di una materia inesauribile: la terra.
Prende coscienza, in altre parole, che la condizione
essenziale per un artista che non voglia relegare la
propria creatività ad un momento effimero, ad uno svago
fuggevole, è l’incontro con l’elemento materiale che gli
possa offrire il proprio nutrimento, il suo ordinamento,
la sua poetica intrinseca. E null’altro poteva essere per
Staccioli che la terra, dalla quale le generazioni che lo Olio su tavola, 995
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