Page 7 - GIAMPAOLO TALANI
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Ombra rossa
Le Quattro Nobili Verità di Giampaolo Talani
Guerrieri, ci chiamano Guerrieri. Lottiamo per lo splendore della virtù, per l’eccellenza del
comportamento, per la sublime saggezza: per questo ci chiamano Guerrieri.
Anguttara Nikaya
Nelle opere, per così dire, di svolta di Giampaolo Talani il mare non c’è oppure, se c’è, non
appare nella sua concretezza fisica ma raffigurato su un muro come accade in Il Marinaio, del
1992. Qui il mare è citato, puro colore steso sulla parete retrostante alla figura del marinaio
che siede, frontale e ieratico, in primo piano. Questi tiene tra le mani una barchetta di carta,
allusione a viaggi compiuti ma anche all’estrema fragilità di ciò che questi sono stati, alla
loro precarietà, quasi ironica, invero. Il dipinto, appartenente al gruppo di opere che va sotto
il nome di Storie del Marinaio, è emblematico dell’inizio consapevole di una ricerca, che
sarà ininterrotta, per Talani, sul sentimento per lui più struggente e insostenibile: quello della
sofferenza. Ne ha percepito l’esistenza fin da giovane, pur nella vita, possiamo immaginare,
spensierata, di un ragazzo che ha a disposizione il mare. Forse l’ha sentita, la prima volta,
d’estate, intorno a un juke box, seduto insieme agli amici, parlando di tipiche cose estive: la
partita a calcetto, la pizzeria con gli amici, la più bella ragazza della spiaggia… Deve essersi
insinuata ad un tratto, magari appena dopo che si era alzato in piedi e si aggiustava il costume
diretto a bagnarsi nel mare. L’avrà sollecitata una notizia improvvisa, inaspettata, tragica: la
morte di un amico carissimo, una partenza mai pensata possibile o chissà che altro. Molta
gente dopo un poco non ci pensa più e monta, per tutta la vita, una serie di impalcature che
li tengano separati da quella semplice, reale, ineludibile realtà: esiste la sofferenza. Giampaolo
Talani no. Lui è troppo sensibile, sotto la sua gran massa di capelli neri, per far finta di niente
e, in più, è un artista, sebbene, forse, allora, così giovane, non se ne renda del tutto conto
nemmeno lui.
E’ proprio questa la Prima Nobile Verità che Giampaolo Talani ci rivela nell’opera. quasi senza
mare, Il Marinaio: Esiste la sofferenza.
La rivelazione sembra improvvisa ma nell’anno in cui Talani dipinge il quadro ha già 37 anni.
Ha sperimentato almeno due piccole morti e successive rinascite. La prima coincide con il
termine degli anni di scuola, il cambio definitivo di vita, l’interrogarsi sul futuro, la seconda
un po’ più avanti, verso i trent’anni, un’ epoca in cui può averlo preso una sorta di sgomento
verso un futuro tutto incerto da costruire, la difficoltà di essere pittore.
Ora, però, all’epoca in cui dipinge Il Marinaio, l’artista sembra avere meno incertezze. Il campo
di indagine è, in qualche modo, delineato e attiene all’esistenza, concepita come un soggetto
di pittura e un elemento di meditazione al tempo stesso. Ne Il Marinaio insomma il mare inizia
a dissolversi perché l’artista va staccandosi dal suo paesaggio natio, rivelandone il carattere
anche di pretesto, per accedere a significati ulteriori che, fin da subito, fanno comprendere
che l’arte di Talani è molto di più e molto oltre rispetto al tema, pur ricorrente, del mare.
E’ proprio ne Il Marinaio che Talani realizza il compromesso tra essenziale e barocco, tra
Giotto e Michelangelo e il mare della sua nascita. I volumi ampi, michelangioleschi degli
avambracci e della struttura fisica del marinaio poggiati sulla superficie scarna ed essenziale
Tav. I 5