Page 17 - FABIO DE POLI
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La ripresa economica impone nuove regole e nuovi stili di vita, il consumismo prende il sopravvento e il Sessantotto segnerà la
     fine di un’epoca.

     Se questa è la sceneggiatura del film, De Poli in  Operasola ci rinnova, rielaborandole in modo assolutamente personale, le
     suggestioni del café chantan, del music hall, per poi giungere, come attraverso un ex cursus temporale, alle immagini dei manifesti
     dei film e della pubblicità che hanno avuto i loro vertici espressivi negli anni Cinquanta prima e poi gli anni Sessanta con l’arte
     pop americana.

     Se da un lato l’eco della tecnica serigrafica che tanto era stata cara a Toulouse Lautrec stilisticamente si insinua tra le pieghe del
     lavoro di De Poli, dall’altro lato si affermano certi modi puramente “grafici” che hanno caratterizzato le “strisce” a fumetti sin dagli
     anni Dieci del XX secolo.
     Non mancano riferimenti a certe atmosfere da fotoromanzo che hanno intriso la quotidianità dell’italietta post bellica e certi exploit
     energetici che hanno caratterizzato gli anni del boom economico.
     Il cinema, lo spettacolo, la cultura popolare e certa letteratura anche di fantascienza si danno appuntamento in questo “film” di
     De Poli, regista eccellente che abilmente rielabora in modo personale restituendoci un “racconto” veritiero, talvolta malinconico
     ma mai nostalgico.
     Anche se non è totalmente corretto parlare di “debiti culturali” bisogna sottolineare che Fabio, negli anni, ha guardato molto alla
     storia dell’arte e in particolare a una storia dell’arte recente, attingendo e rielaborando dall’esempio di molti artisti: da Fortunato
     Depero che nel periodo tra le due guerre propone soluzioni grafico-figurative di notevole impatto visivo, ad Alberto Magnelli degli
     anni Venti e Trenta quando la geometria predominava sulle sue tele ma ancora non aveva lasciato il posto alle forme puramente
     astratte e più liriche; da Nicolas De Stael le cui opere dalle campiture piatte sono quasi “paesaggi dell’anima”, a Jean Hélion del
     periodo figurativo nel quale si ritrova una progressiva smaterializzazione della figurazione per giungere a soluzioni maggiormente
     astratte.
     Operasola sta dunque in bilico tra figurazione e astrazione: se da un lato sono evidenti anche influssi del cubismo sintetico di
     Picasso e di Braque, dall’altro non si possono trascurare alcune soluzioni formali e coloristiche di Joan Miro. L’opera è quindi un
     concentrato di spunti, ispirazioni, sguardi più o meno furtivi, tratti da un repertorio ampio e variegato. Fabio De Poli insomma
     “dipinge la pittura”, dipinge il suo background artistico, dipinge la “sua storia dell’arte”, racconta la sua storia, la nostra storia.





























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